Ieri ho commesso un errore.
Foto di Nik da Unsplash
Ieri ho commesso un errore.
Siccome ogni errore porta con se una conseguenza, ho pensato che fosse opportuno fermarmi un momento, riflettere sul perché e tirarci fuori qualcosa di buono.
Cosa ho notato?
La prima cosa che ho scritto sul mio quaderno, ieri appena finito il mio intervento, è stata: Pessimo intervento. Un giudizio netto, senza appello. Da lì, ho continuato a scrivere parole che esprimevano sensazioni ed emozioni negative. Tutte rivolte a me stessa. Nessun dito puntato sugli altri.
Come sono arrivata all’errore? Perché è successo?
Perché non mi sono ascoltata. Ho ignorato come mi sono sentita durante tutto il cammino che mi ha portata alla presentazione. Non prestare attenzione alle emozioni ha significato non intercettare e reprimere i miei bisogni. Con il tempo questo mi ha portata al disingaggio, fino a ritrovarmi nella situazione di estremo disagio di ieri e, infine, all’errore.
Cosa ho imparato?
ascoltare ed essere più empatica con le mie emozioni, capire quali bisogni si nascondono dietro le emozioni e comunicare agli altri da quali comportamenti sono state attivate per trovare una soluzione condivisa. Essere parte attiva di una situazione e non subirla, accettando l’errore come opportunità di miglioramento. Cambiare è scomodo, è impegnativo, perché spesso inizia con l’assumersi la responsabilità di considerarsi parte della causa del problema o della situazione non ottimale, smettendo di pensare che tutto ciò che accade sia solo colpa degli altri.
E in un contesto aziendale?
Parliamo spesso di cambiamento, innovazione, nuove tecnologie. Ma c’è un elemento che determina il successo o il fallimento di ogni trasformazione: la responsabilità individuale. Il cambiamento non è solo una direttiva che arriva dall’alto, è una scelta quotidiana del singolo. È l’opportunità di plasmare il contesto lavorativo che desideriamo. Chi si prende la responsabilità, chi abbraccia un approccio proattivo e positivo di fronte alla negatività o una difficoltà, aumenta il proprio controllo, le proprie competenze e crea terreno fertile e contesti evolutivi.
E voi? Qual è stata l’ultima volta in cui non vi siete ascoltati e, ignorando o sottovalutando segnali importanti, questo ha portato a un errore?
Come sarebbe cambiata la situazione se aveste prestato maggiore attenzione alle vostre emozioni e ai vostri bisogni?
Ieri ho commesso un errore.
Foto di Nik da Unsplash
Ieri ho commesso un errore.
Siccome ogni errore porta con se una conseguenza, ho pensato che fosse opportuno fermarmi un momento, riflettere sul perché e tirarci fuori qualcosa di buono.
Cosa ho notato?
La prima cosa che ho scritto sul mio quaderno, ieri appena finito il mio intervento, è stata: Pessimo intervento. Un giudizio netto, senza appello. Da lì, ho continuato a scrivere parole che esprimevano sensazioni ed emozioni negative. Tutte rivolte a me stessa. Nessun dito puntato sugli altri.
Come sono arrivata all’errore? Perché è successo?
Perché non mi sono ascoltata. Ho ignorato come mi sono sentita durante tutto il cammino che mi ha portata alla presentazione. Non prestare attenzione alle emozioni ha significato non intercettare e reprimere i miei bisogni. Con il tempo questo mi ha portata al disingaggio, fino a ritrovarmi nella situazione di estremo disagio di ieri e, infine, all’errore.
Cosa ho imparato?
ascoltare ed essere più empatica con le mie emozioni, capire quali bisogni si nascondono dietro le emozioni e comunicare agli altri da quali comportamenti sono state attivate per trovare una soluzione condivisa. Essere parte attiva di una situazione e non subirla, accettando l’errore come opportunità di miglioramento. Cambiare è scomodo, è impegnativo, perché spesso inizia con l’assumersi la responsabilità di considerarsi parte della causa del problema o della situazione non ottimale, smettendo di pensare che tutto ciò che accade sia solo colpa degli altri.
E in un contesto aziendale?
Parliamo spesso di cambiamento, innovazione, nuove tecnologie. Ma c’è un elemento che determina il successo o il fallimento di ogni trasformazione: la responsabilità individuale. Il cambiamento non è solo una direttiva che arriva dall’alto, è una scelta quotidiana del singolo. È l’opportunità di plasmare il contesto lavorativo che desideriamo. Chi si prende la responsabilità, chi abbraccia un approccio proattivo e positivo di fronte alla negatività o una difficoltà, aumenta il proprio controllo, le proprie competenze e crea terreno fertile e contesti evolutivi.
E voi? Qual è stata l’ultima volta in cui non vi siete ascoltati e, ignorando o sottovalutando segnali importanti, questo ha portato a un errore?
Come sarebbe cambiata la situazione se aveste prestato maggiore attenzione alle vostre emozioni e ai vostri bisogni?